L'unico rifugio che mi è rimasto è questo. Nascosta tra le parole, lontana dai rumori. Oggi come prima, scrivere è l'unica cosa che mi salva. Quando ci siamo salutate mi ha avvisata "sarà dura, ma per qualsiasi cosa mi può telefonare." Con che coraggio telefono e per dirle cosa poi. Che due mesi di terapia li ho bruciati in un istante. Vorrei potermela tenere in tasca, la sua miniatura, con quel viso comune e la voce tranquilla, il tono pacato. Allora quando i mostri sarebbero tornati a divorarmi le budella io l'avrei potuta tirare fuori e lei mi avrebbe confidato il loro punto debole. Sarei sempre stata io a combatterli, ma non sarei stata sola. E il cuore non avrebbe tamburellato all'impazzata, il fiato non si sarebbe fatto corto e gli occhi non si sarebbero iniettati di sangue. Lei mi avrebbe detto "Rifletti. Respira. Ne vale davvero la pena?" Mi avrebbe fatto intendere, senza pronunciare parola, quanto non ne vale la pena. Quanto io posso governare l'ansia e la rabbia, quanto il bene per me stessa deve superare l'odio per chiunque altro. Ma lei non c'è.
E' ricominciato tutto da capo, esattamente come prima. Il rancore, l'odio, la rabbia, che credevo di essere riuscita a cacciar via, sono qui con me, stesi al mio fianco su questo letto scomodo. Vorrei chiederle tante cose, ad esempio come mai una sola persona è in grado di rovinarmi la via; oppure perchè non sono stata in grado di continuare senza voltarmi indietro. Poi vorrei sapere pure per quale motivo continua ad importarmi tanto di come un altro sceglie di vivere, piuttosto che badare a vivere io.
Non ho idea di cosa mi risponderebbe. Sicuramente non quello che vorrei sentirmi dire, come è sempre stato. Eppure ce l'avevo fatta. Per circa due mesi erano spariti gli incubi, gli attacchi di panico, di rabbia, di ansia, la paura dell'abbandono, il senso di inadeguatezza. Ho davvero creduto di esserci riuscita.
Mi ero impegnata a riempire il tempo di cose buone, di amore per me stessa, di perdono.
La verità è che non mi amo e sopratutto non mi perdono. Il rancore e l'odio più grandi ce li ho per me stessa. Uno spigoloso senso di invidia si frappone tra me e tutto il resto. Provo invidia anche per chi ha una grave malattia, così gli altri sono obbligati a provare compassione per lui. Provo invidia per la bella ragazza per strada, che attira gli sguardi di tutti. Provo invidia per chi è single e chi è ha negli occhi il riflesso innamorato del partner. Provo invidia per chi lavora, non lavora, studia o non fa un cazzo.
Provo invidia per chi è a mare, chi è in vacanza o ancora in città; per chi è solare ed estroverso e chi si vede che è tormentato.
E poi rabbia, rabbia non quantificabile per la vita, per quanto trovo sia stata ingiusta con me. Rabbia per le amiche che a 23anni suonati si fanno ancora imporre dai genitori a che ora e se tornare a casa, rabbia per gli amici che invece escono a divertirsi e mi invitano anche, ma devono giustamente cuccare e io che ci sto a fare, l'incomodo? Rabbia per chi può permettersi le vacanze all'estero, per chi mi aveva fatto credere che sarebbe venuto a trovarmi e adesso si tira indietro, rabbia per tutto e tutti.
Mi meritavo di più dalla vita, tanto di più, perchè mi sono sempre comportata egregiamente. E ci ho provato, sapeste quanto ci ho provato a farmi andare bene le cose così come stanno, ma non mi stanno bene per niente.
Mi meritavo di più...
Per il resto, non so proprio come fare a cambiarla questa situazione, anche questo ho provato a cambiare. Dove trovo gente nuova in questo buco di culo di posto dove vivo? Dove trovo il divertimento, che il primo locale decente è a 2 ore di macchina, e anche ammesso con chi vado se nessuna a parte me può fare più tardi dell'una?
Vorrei solo poter parlare con la mia psicologa. O morire, tanto non ho niente da perdere.
Isotta