lunedì 10 dicembre 2012

Share the love: #leaveamessage

Il 14 Dicembre si avvicina, e non è splendido solo perchè un aereo della Ryanair mi porterà finalmente a casa dopo due mesi e mezzo, ma perchè è il giorno destinato al #leaveamessage! Lo scorso anno è stato un successo, quindi non si poteva che replicare.
Il natale è alle porte, lo scintillio delle luci dovrebbe riflettersi nelle nostre azioni, quindi perchè non rendere migliore la giornata a qualcuno? 
Uno sconosciuto, un amico, chiunque, in maniera tale che lui possa fare altrettanto, e si inneschi una reazione a catena alimentata dalla gentilezza verso gli altri. Dovremmo essere più buoni, meno arrabbiati e più tolleranti e badate bene che io sono una a cui salta subito la mosca al naso, molto intollerante verso gli altri e abbastanza attaccabrighe, eppure voglio partecipare perchè ho scoperto che fare qualcosa di carino verso gli altri fa stare bene, in prima persona, me!
#Leaveammessage è una splendida iniziativa creata dalla famosa blogger di Ma Che Davvero? e quest'anno sotiene l'Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze, per concretizzare in maniera costruttiva tutto l'amore che abbiamo intenzione di spargere in giro. Lasciate su un biglietto, un post-it, qualunque cosa un messaggio carino, che possa strappare un sorriso, una buona azione, che infonda coraggio e posizionateli in giro, per la vostra città, a lavoro, sui mezzi, sulle macchine parcheggiate, sarà una splendida sorpresa per lo sconosciuto destinatario!
Io ho detto abbastanza, per scaricare la locandina, i bigliettini e raccogliere maggiori informazioni su come spargere in giro l'amore, seguire in tempo reale tramite twitter, facebook, instantgram, vi rimando a questo post.
Quindi che altro dire, prepariamoci e invadiamo il mondo! 

Let's spread the Love! 

                                                                                              Isotta

sabato 8 dicembre 2012

Addobbi e desideri.

Chi non muore si rivede!
Ebbene si, riemergo dalle ceneri, tra provette, rotavapor e funghi da ridurre in poltiglia, di un oscuro laboratorio nel seminterrato della merd grandiosa uniPv. 
Ma passiamo alle cose realmente interessanti:
1. Tra una settimana sono in Calafrica, torno a casa e riabbraccerò i miei tesori pelosi!
2. Il mio compleanno è tra 11 giorni e non posso credere che il 21 finisca il mondo, dato che il mio lo devo ancora iniziare a costruire.
3. Natale, Christmas, Noel, Weinachten, Navidad. Chiamatelo come volete ma è la festa migliore dell'anno. Ed è ad un passo da noi!
Tutti i punti si snodano in una serie di idee che probabilmente non verranno mai realizzate, data la mia fisiologica propensione al fancazzismo, ma che, per mia fortuna, trovano sfogo ossessivo compulsivo nelle meravigliose foto di Pinterest.
Ma che meraviglia! Ma come ho fatto a non iscrivermi prima?
Mi è venuta la sindrome del tunnel carpale a forza di ripinnare, praticamente, TUTTO.
Funziona più o meno così, pensi ad un centro tavola, o ad un outfit, ad un oggetto di arredamento o a dei biscottini fatti in casa per i dogs, ad una pianta o un disegno, ad un'acconciatura o un make-up, qualunque cosa insomma, la pensi, la digiti e ti si materializza davanti agli occhi declinata in ogni versione che il tuo piccolo cervelletto da pigra non si era nemmeno messo ad immaginare. Milioni e milioni di DIY, dai maxiDress alle chips di banane, dalle ghirlande da appendere fuori dal portone principale fino ai fiocchettini con cui decorare i pacchi regalo, la creatività, la bravura, la meraviglia realizzata in chissà quale parte del globo, si mostra al mondo intero ed è una cosa bellerrima!
Quindi, ho trovato le foto di tutto quello che avrei voluto realizzare se solo avessi avuto una casa mia e solomia, perchè dai miei funziona che Sua Maestà la Regina e Padrona del Regno ha sempre e solo la prima e l'ultima parola, si esatto, anche per una cazzata come gli addobbi natalizi, ma non fatemi rovinare questo post propositivo parlando del regime di WonderMommy, dicevo nevvero che avrei voluto realizzare un sacco di cose carine, molto semplici, niente di elaborato ma che trovo perfetto per la mia idea di Natale. Bene non perdiamoci in chiacchiere, regia!
Ecco il mio Natale dei sogni...
 
Infine ho una nota per Babbo Natale.
Caro Babbo, e non è che si sta a qui prendersi per i fondelli, vorrei solo farti notare che è ventitrè cazzo di anni che faccio la brava bambina! Penso sia ora che sotto l'albero tu metta un regalo come si deve...

E voi, a che punto siete con addobbi e desideri? Ci siamo quasi :)

                                                                                                    Isotta

martedì 27 novembre 2012

Sprazzi di ricordi.

L'odore del dopobarba di mio padre potrei riconoscerlo tra la popolazione mondiale. No, non il profumo, ma l'odore che ne viene fuori quando si mischia a quello della sua pelle. Gli stavo spalmata addosso quando lui era seduto su una delle due poltrone del salotto buono, quello che è accessibile solo la domenica o per le feste, Natale, Pasqua, i compleanni dei nonni, anche gli onomastici, a dire il vero, erano da festeggiare a casa loro. Tutt'intorno le voci degli adulti, l'argomento preferito, quello di cui non si stancavano, stancano ancora adesso, mai, ad animarle. A casa dei nonni paterni è tutto un parlare di calcio, i figli, le figlie i generi e le nuore, i nipoti grandi e quelli piccoli, i nonni stessi.
Mio padre è il quinto di sei figli, l'ultimo maschio, il piccolino che le due sorelle più grandi usavano come bambolotto e a cui così facevano anche da mammine. Quando poi è nata l'ultima davvero, allora le attenzioni sono irrimediabilmente ricadute su di lei, ma la distanza nel tempo non avrà di sicuro permesso a mio padre di rattristarsi, anzi, di godersi un po' più la sua adoloscenza da non più ultimo e iperprotetto. Gli altri due maschi il maggiore, e quello che a mio padre passa solo tre anni tendono a battibeccarsi più degli altri, per motivi che tutti possiamo immaginare. Era bello sentirli parlare.
In tutto adesso siamo tredici nipoti, ma quando io ero piccola eravamo solo sei. Andavano a combinare disastri nelle stanze lontane, quelle che per arrivarci bisognava attraversare un corridoio buio col marmo grigio. Trascinavo i piedi invece di sollevarli, e sotto le suole ogni tanto si avvertiva una resistenza, un segnale, quando la gomma delle scarpe incontrava il bordo di un marmo non perfettamente ad incastro. Mia madre mi tirava da un braccio e io tenevo gli occhi chiusi. Poi mi spingeva sulla soglia e diceva "Isotta vuole giocare con voi." Ma non era vero, Isotta voleva stare dove stava, che anche a cinque anni se hai un tipo di carattere con gli adulti ti ci trovi meglio o , più probabilmente, non mi piacevano i bambini già da quando lo ero io stessa.
Allora mi sedevo sulla sedia affianco all'armadio e dondolavo le gambe, scoordinate, tenevo le manine sotto le cosce, coi palmi piantati nel fondo in paglia, puntualmente poi ne rimanevano i segni. Guardavo i piedi comparire uno alla volta e ogni due contavo uno.
I miei cugini si dicevano cose nell'orecchio e poi ridevano, alcune volte facevano fare delle prove di coraggio ai più piccoli, cose come andare in cucina e rubare la bottiglia della coca-cola, le patatine o che so io. Io non ci sarei mai andata, non mi è mai piaciuto prendere le cose di nascosto ai grandi o forse avendo i miei nonni materni un bar, in cui mi era possibile accedere a qualsivoglia schifezza, senza nessuna limitazione, non capivo appieno il fascino di quell'esperienza, l'adrenalina di quel gioco.
Destro, sinistro. Uno
Destro, sinistro. Due
Tre, quattro, otto. All'otto ricominciavo da capo. Per otto volte.
Destro,Pim.
Sinistro,Pum.
Un salto a piedi uniti per scendere dalla sedia, Pam.
Correvo via, attraversando di corsa il corridoio. Era il lasso di tempo perfetto a non destare sospetti, troppo lungo per non aver partecipato ai giochi, troppo corto per far incuriosire gli altri e venire a vedere il mio cambiamento. Quello che avrebbero visto sarebbe stato unicamente la conferma di un dubbio.
Mi chiedevano se avessi giocato con gli altri e rispondevo sempre si. Quando gli adulti vogliono una cosa, la vogliono e basta, non importa quanto tu invece ne sia lontata e chiaramente infastidita. O almeno, così era mia madre.
La mediazione tra il mio volere e quello degli altri, avevo capito essere le piccole bugie. Innoque, dette a fin di bene, quelle mezze verità per non ferire, non turbare, non far arrabbiare, evitare le urla e la disapprovazione, sembrava accettabile infondo, scambiarle con la frustazione e la tristezza. Ma le piccole bugie si sommano e crescono, fanno l'abitudine, tanto da spuntare fuori all'occorrenza, senza controllo, come munite di vita propria, precise, credibili, azzeccate, in ogni situazione critica. Talmente affezionate, abituate, cresciute, da perderne il controllo, e da insolenti senza scrupoli quali sono, finirne con il diventarne il mezzo attraverso il quale si esprimono,
il gioco che si ribella al suo sviluppatore, un virus che subdolo si insinua nella cellula, che infinitesimale ma potente finisce per farle replicare il suo di genoma, invece che l'autoctono, e la cellula si ritrova così, inghiottita dal volere suo ospite, senza connotati.
Le bugie sono serpi che ti si rivoltano contro.

                                                                                  Isotta

martedì 13 novembre 2012

La Vita è un' Aguzzina.


Il fumo saliva denso arrampicandosi all'aria stagnate, tesseva una ragnatela sinuosa per poi sparire nell'afa dell'ultimo piano. Il buio attorno, il bruciore intermittente, tenuto in vita dalle inspirazioni, lunghe e cadenzate di una bocca senza più parole.
Le tapparelle abbassate lasciavano sullo spazio tutto intorno le tinte del nero, traforato da puntini di luce che sfruttando lo spazio, non chiuso a dovere, rendevano la situazione ancora più irreale.
Se ne stava dietro uno di quei buchi, le ginocchia strette al petto e la schiena curva, il tramonto le colpiva l'occhio con cui era intenta ad osservare fuori. Assaporava ogni boccata di nicotina, trattenendo il respiro un attimo in più del dovuto, tanto da far lacrimare gli occhi e accelerare i battiti. I tetti sembravano più rossi del solito, mentre dalla stradina arrivavano le voci della gente. Un ragazzo parlava al telefono di cose che probabilmente non provava sul serio ma che sarebbe valse un appuntamento o, nel caso avesse giocato bene le sue carte, qualcosa di più, la visuale limitata tuttavia non le permetteva di scorgerne la figura, si limitò ad immaginare l’aspetto.
Due bambine facevano su e giù per il percorso consentitogli dai genitori, sui pattini a rotelle, cantavano a squarciagola una canzone famigliare fino allo sfinimento, parlava di fiori e pesci rossi. Dal balcone di fronte, spalancato, era possibile vedere la signora preparare la cena, si sentivano i rumori tipici delle cucine, le posate e i bicchieri sistemati sul tavolo, la teglia che entra nel forno, il frigo che si apre e verrà chiuso per l'ennesima volta, la si sente rispondere alla domande del quiz in tivù, spesso sbagliando le risposte, fa tenerezza e un po' di pena, invidia.
Quante ore sarà stata nella stessa posizione? A giudicare dalla sensazione di anestesia generale almeno un paio. L'unica parte che avvertiva del suo corpo era la testa, ne sentiva il peso, ma non ricadeva su niente. Non aveva più le gambe, le braccia, un tronco, spariti, ingoiati dal buio. Una volta aveva sentito dire che quella strana sensazione è una forma di ipnosi. Che ci si concentra così tanto su un'area specifica del corpo, tanto da dimenticare il resto, lasciarlo indietro, addirittura furono condotte delle operazioni senza anestesia grazie a questa tecnica, diceva il servizio. Come avrebbe voluto potesse funzionare altrettanto bene coi ricordi. Le succedeva anche da bambina, quando dopo aver finito i compiti prendeva la sediolina, le cuffie e si piazzava davanti al televisore, guardava i cartoni animati per ore, per ingannare il tempo e la mancanza, in attesa che tornassero i genitori dai rispettivi luoghi di lavoro. Quando finivano le trasmissioni, era come svegliarsi da una trance e non ricordava nulla, oltre a non avvertire le estremità.
Non ricordava se aveva mangiato o se avesse detto qualcosa o se si fosse spostata per fare pipì magari, niente. Sorrise serrando la mascella.
Aveva gli occhi gonfi e striati dal rosso intenso dei capillari sotto sforzo, le doleva immediatamente dietro i bulbi oculari, un dolore pungente e materiale di cui si compiacque. Finita la sigaretta, lasciò cadere quello che ne rimaneva accanto alla cenere, che nel consumarsi aveva prodotto. "Ecco il tuo posto" sentenziò con fare solenne per poi scoppiare a ridere forte. Una risata lunga, esagerata, che tuonava nella casa vuota, rimbalzando di parete in parete, prepotente, sfacciata, inopportuna, falsa, talmente falsa da portarsi dietro come un fedele amico a quattro zampe, un cappio per la gola, che annoda, affoga, agogna fino a farti tossire, forte, forte, il viso paonazzo e la saliva immobile a toglierti la salvezza di un respiro che in realtà si trasforma in un rigurgito. Il vomito amico. Di vecchia data.
Provava pena per se stessa, mucchio d'ossa abbandonato su un pavimento costoso imbrattato da mozziconi e rigurgiti di se, ma come un oggetto non può separarsi dalla propria ombra, così questo sentimento non era nulla separato dal perverso senso di compiacimento per la sua condizione. Così sola al mondo e così profonda da accogliere ogni singolo centimetro di quella solitudine, delle conseguenze che si trascina come ingombranti gioielli. Non c'erano mica altri modi per sentirsi vivi. Attraverso lo strazio, la disperazione e il dolore, poteva dimostrare a se stessa che non era morta, che anche se è proprio un cadavere che si sentiva, poteva ancora provare qualcosa e poco importa non fosse nulla di buono. Era viva perchè era in grado di percepirla, distintamente, la punta di metallo insinuarsi sotto la pelle, farsi largo separando il tessuto, liberando dalla costrizione di un circolo chiuso e ripetitivo, quel fluido rosso e corposo, ostinato girovago di un corpo che tiene vivo, senza averne voglia o coscienza. Finchè senti qualcosa, esisti. La rabbia, la solitudine, il rancore, l'abbandono, corrono via, tutto si allontana, seguendo la scia rossa che si disegna tutto intorno, come lasciare una barchetta di carta lungo un rigagnolo, prima che si imboni e scompaia sotto il peso del suo stesso essere, sopraffatto dalle leggi della fisica, per un po' è possibile osservarla navigare, perseguire, assecondare il tragitto e allontanarsi.
"Vai via da me". Si sentiva sollevata ad ogni battito, ogni attimo. La testa sembrava più leggera e il cuore sollevato, persino i tagli non facevano più male. Stava bene mentre quello che l'aveva condannata per anni finalmente la lasciava in pace.
C'era un buon odore nell'aria, ricordava quello che sentiva da bambina quando prima di tornare a lavoro la madre la teneva in braccio. Se ne stavano sul divano e lei incastrava il naso nell'angolo che formano spalla e collo, sulla pelle nuda, un braccio rannicchiato vicino al proprio petto e l'altro libero di abbracciare la nuca, arrivare ai ciuffi di capelli per farli gironzolare tra le dita paffute e dai movimenti ancora poco raffinati.
"E' bello toccarti i capelli" ripeteva senza ben articolare con un filo di voce.
Provava quella stessa pace, quello stesso senso di abbandono, di serenità piena, gioia, gli occhi si lasciavano andare al buio, esattamente come allora.
Intanto una chiazza rossa si dilatava sul pavimento e finchè non si fosse spontaneamente esaurita la fonte, nessuno avrebbe potuto evitarlo.
Ora sarebbe stata finalmente libera dalla sua aguzzina.

N.B. Questo è solo un racconto frutto di fantasia. Non è ne un'esperienza reale ne una celata richiesta d'aiuto. Stasera è girata così e quello che ne è venuto fuori è questo.
Niente di più.

Spero ve la passiate meglio di me, ma mi riprendo!

                                                                                     Isotta

sabato 10 novembre 2012

Un Augurio ed una dichiarazione d'Amore.

Sto perdendo tempo prezioso, assecondando madama Pigrizia. Dovrei studiare, iniziare così da non arrivare con l'acqua alla gola, due giorni prima dell'esame.
Ma io sono così e se per 48 volte mi sono ridotta all'ultimo, cosa vuoi che cambi adesso?
Tornata nel microminiloft avrei dovuto svegliarmi presto, non andare a letto tardi, mangiare i legumi, sempre troppo pochi per un vegetariano, finire la relazione sul tirocinio e consegnarla, sistemare le cose, la maggior parte.
Il primo giorno mi sono riposata e nulla è cambiato, ancora.
Così riempio il tempo con pagine internet e telefilm, con le vite degli altri, che la mia mi fa schifo.
Nel tritacarne che è il mio tempo libero ci passa di tutto, dal calcio al bricolage, dai blog tema matrimonio ai mommyblog ai fashinblog, a quelli sull'arredamento e pure quelli di lifestyle, make-up, cucina, cinema, TUTTO.
Un pomeriggio noioso uguale a tutti quelli precedenti ed a venire, mi sono imbattuta in una dichiarazione d'amore. D'amore vero, tangibile, concreto, stabile. Di quell'amore che forse io non sarò mai in grado di provare per nessuno, ma che mi rassicura ascoltare, vivere attraverso il racconto di qualcuno, esperienza nell'accezione più vera.
In pratica Nina, la donna che lo ha scritto, ha un blog molto famoso, nel quale racconta la sua vita, emozioni ed impressioni di "diversamente fertile", alla ricerca di una gravidanza, che in questi giorni, incrociamo le dita, pare si stia trasformando in realtà.
Come in bocca al lupo quindi. 
Se non lo merita una coppia così, chi?

" In tempi non sospetti, quando io ero alle prese con le mie crisi esistenziali, Lui cercava pazientemente di riportare la nostra relazione su un piano di realtà.
In quei lunghi mesi di buio, accecata dal voglio un figlio a tutti i costi, focalizzata sulla ricerca, Lui lavorava in sordina all'enorme impresa di ricordare a se stesso e a me che c'è altro nella vita.
Mentre io ero assoggettata al mio universo emotivo, Lui, l'uomo di casa, l'essere razionale per eccellenza si ostinava a portare avanti la sua dura battaglia per dimostare che è possibile mantenere un dignitoso rapporto di normalità con la vita quotidiana, anche in condizioni d'instabilità e di emergenza come quella che ci siamo trovati a dover affrontare.
 
 Io facevo il bello e il cattivo tempo, Lui ritesseva i fili di una matassa che io mi divertivo (oh come mi divertivo) a ingarbugliare e confondere continuamente. Io vivevo assurde e inaspettate altalene emotive, Lui raccoglieva i pezzi, gli stralci di conversazione, i frammenti di paure irrazionali e dubbi atavici e cercava di ridargli un ordine e un senso.
Io ero centrata e focalizzata su un obiettivo preciso, Lui faceva di tutto per continuare ad assomigliare a un essere umano, capace di guardare ancora con interesse al mondo circostante, curioso di quello che accade lì fuori, per regalarci momenti di svago. Lui era la parte pratica, la costante razionale, io la componente emotiva, impulsiva e sognatrice.
Lui era l'occasione di uscire da me stessa e dai nostri drammi, era la possibilità per la nostra relazione di non implodere su stessa e mi ricordava l'importanza di alimentare le nostre passioni comuni per non perdere di vista la vita al di là di un figlio. Ma non lo faceva in modo plateale, esplicito bensì, più come un sussurro, il suo operare era da dietro le quinte: silenzioso e costante. Per questo troppo spesso non me ne sono accorta, ho equivocato e frainteso, non ne ho compreso l'importanza e il valore.

Io lo volevo presente, capace di entrare in risonanza con le mie parole, in immediata corrispondenza emotiva con me e con il mio vissuto. Io lo volevo empatico, capace di sentire quello che sentivo io, nello stesso momento.
Lo volevo complice delle mie messe in scena, dei miei teatrini interiori.
Lui invece prendeva le distanze dal mio modo, preferiva rimanere in superficie e non scendere in quegli abissi.
Stavo male, la chiamavo incompatibilità, indifferenza, incomunicabilità, incomprensione.
Ma questa diversità invece è stata una ricchezza, la nostra salvezza. Il suo senso pratico ha arginato il mio fiume in piena, mi ha offerto le coordinate di riferimento, i confini entro i quali le cose possono accadere e continuare a muoversi senza spargimenti inutili di sangue. Oggi mi rendo conto che se Lui avesse vissuto le cose al mio stesso modo, con lo stesso pathos e lo stesso trasporto, con quell'insana teatralità e quell'intensa drammaticità, io non so dove saremmo ora.
Comprendo oggi quanto quel suo agire in modo pratico, il suo non farsi sopraffare dalle emozioni, abbia permesso a me di muovermi in tutta sicurezza e libertà nel mio universo interiore, sondarlo ed esplorarlo, scendere e  risalire a mio piacimento, sicura del fatto che lì fuori c'era Lui, saldo e ben piantato coi piedi a terra, a occuparsi di tutto il resto mentre io svolazzavo per aria, o navigavo i miei mari, facile preda sia dell'entusiasmo che dello sconforto.
E' stato il porto che accoglie e offre sicurezza e riparo.

Non ha usato il mio linguaggio, fatto di aria, metafore e astrazioni, viscere, carne e sangue, ma ha usato il suo, che è fatto di terra, materia, acqua, che evoca in me immagini di solide montagne e di imponenti alberi.
Il mio è il potere esplosivo e distruttivo dell'uragano, il suo è il lavoro caldo e sotterraneo del magma denso.
Io ho il dono della trascendenza, Lui dell'essenzialità, della pragmaticità.
Io strabordo, esondo, Lui rispetta i suoi confini e dentro di essi attua il cambiamento.
Io sono tanta, Lui è minimale, essenziale ed efficace.
Io divago, mi perdo nei miei stati d'animo, mi cullo nel passato e nel futuro, mi lascio sfuggire il presente.
Lui è diretto, preciso, attuale.

E così era Lui a raccontarmi le cose del mondo di fuori, a cena, sempre Lui a trovare cose da fare, a  proporre concerti e uscite, a tornare la sera con un film da vedere, a pensare a tutto quello che a me, così impegnata su me stessa, sfuggiva troppo spesso.
Se ho avuto tempo e  modo di esplorare i miei limiti e poi superarli, lo devo a Lui.
Ora lo so.

E poi un giorno di circa due mesi fa mi sono ritrovata a sognare Parigi, a immaginare i suoi tetti, le sue strade, i suoi negozi, le sue atmosfere, i suoi cieli. Lui non si è perso in quei viaggi mentali con me , non ha assecondato il mio lato sognatore alimentandolo con le parole, Lui ha fatto molto di più (quello che forse io non sarei stata capace di fare) occupandosi degli aspetti squisitamente concreti e pratici.
Lui l'ha reso semplicemente possibile.

E così giovedì partiremo per Parigi, diremo addio a questo lungo, umido e freddo inverno dell'anima e saluteremo finalmente l'arrivo della nostra primavera.
Questo viaggio sarà lo spartiacque che separa il prima e il dopo, sarà per noi una luna di miele, come la prima volta.
Perchè ci stiamo ridando la possibilità di scoprirci e sorprenderci ancora, di guardarci con occhi nuovi e puri, di ricominciare una nuova fase fatta solo di noi.
Credo che Parigi sia la città perfetta per due anime che sono tornate a scegliersi ancora, per la seconda volta. "
 
Il link al post è questo!
 
Cosa altro è possibile dire dopo ciò?
Auguro loro il meglio, ed a me d'incontrare un Amore così.
Buon weekend!

                                                                                            Isotta

domenica 28 ottobre 2012

Il sabato mattina

Le pagine bianche mi piacciono. Sono come quelle persone che, per indole o vocazione, più semplicemente bontà d'animo, stanno ad ascoltare. Tele bianche sulle quali riversare i tuoi colori, poco importa se poi le sfumature siano sempre e solo del tetro di un cielo senza stelle. Ce ne sono poche è vero, ma io le invidio. Non dire niente, magari, piuttosto, non volerlo dire, è segno di grande forza. Io sono una di quelle che va in giro con la tavolozza in mano e i colori freschi. Lo sono sempre stata. Non ci vuole niente che io ti racconti tutto. Condividendo i miei pensieri, vedendoli prendere forma alle orecchie di qualcuno, spingendoli fuori e gettandoli addosso a qualcun altro, mi alleggerisco inevitabilmente. Non ho spalle abbastanza larghe per custodirli intatti, sotto l'ala protettiva del pudore. Io ne regalo un pezzetto a chi se ne vuol prendere una briciola, come quando da bambina, dopo le feste mia madre sistemava equamente nei piattini, tutto ciò che era rimasto, lo imballava con cura e ad ogni ospite che faceva per andare, si rivolgeva con un "ah tieni, porta via questo". Come avremmo smaltito, da soli, quella roba, altrimenti.
Viaggiavo dietro il conducente e la pioggia picchiava il vetro di traverso, come piccoli chicchi di riso, l'autobus fermo al semaforo, se la godeva tutta, quella pioggia, come una sposa, il lancio propizio, all'uscita dalla chiesa. 
Rosso. Verde.
Il cielo grigio e pesante sopra le teste protette dagli ombrelli, i passi svelti delle scarpe ancora ostinatamente primaverili, la danza delle foglie nel vento che apre gli impermeabili e scombina le chiome, la prima passerella stagionale per le sciarpe.
Quanta vita c'è fuori dal finestrino, quello scorrere che non è tempo vuoto ma produttività, impegno, fatica, successo, fallimento o buco nell'acqua. Le immagini scorrono veloci, senza traffico, e io li osservo, come vorrei tuffarmici dentro e sguazzare. La signora compra i fiori nel negozietto alla sinistra della statua, il gruppetto di ragazzi gironzola con lo zaino penzoloni sulle spalle ad un orario troppo tardo per l'entrata e troppo anticipato per l'uscita, le macchine imboccano la via principale con meno foga, i cani al guinzaglio portano la coda alta e annusano l'aria in cerca di gocce, se ne incontrano una si leccano il muso.
" Isotta! " perdo il filo dei pensieri incrociando una voce amica, "non sapevo fossi tornata, ma poi ho guardato il riflesso, ed eri proprio tu." 
Gli occhi buoni di A. mi guardano sorridendo sotto una linea di eyeliner verde smeraldo.
" A. quanto tempo, come stai? Sono tornata da una ventina di giorni" abbasso la testa.
"potevi dirmelo, sarei venuta a trovarti, ci saremmo fatte una delle nostre chiacchierate"
"chiacchierate..." le stringo il braccio con cui si bilancia al mio sedile, ma è come trattenere me stessa "...nel senso che tu pazientemente ascolti e assecondi le mie turbe psichiche, mi consoli e regali pacche sulle spalle" sorrido.
" E' il compito degli amici. Come stai? " la sua voce è leggera quasi quanto dolce e interessato il suo sguardo a scorgere la verità nel mio.
" Come sempre "
" Allora avresti dovuto chiamarmi, e non capisco perchè non lo fai. "
" Perchè si finisce sempre che tu consoli me, per non si è capito nemmeno cosa. E invece lo so che anche tu avresti da lamentarti, anzi, che tu ce lo avresti davvero il motivo per lamentarti, tanti motivi, e invece non lo fai, ascolti me, consoli me, ti prendi anche il mio nero"
Le racconto di me, della mia estate spezzata da promesse non mantenute, della debolezza che ho nell'affrontare la vita, delle cose che non mi stanno bene ma che non ho il coraggio e la voglia, la forza, di cambiare, dei miei sogni per il futuro e della consapevolezza che saranno l'ennesimo disincanto, del buon punto dell'università e della voglia di togliermela dalle scatole, di ciò che mi fa incazzare di questo mondo di merda, del Natale e dell'inverno alle porte di un autunno ritardatario.
Nel frattempo lei annuisce e fa battute, mi incoraggia e dice che devo essere orgogliosa dei miei risultati, di non pensare troppo al futuro altrimenti si carica inevitabilmente di troppe aspettative, di averne fiducia però e che tutto andrà per il meglio, e se non per il meglio, come sarebbe dovuto andare comunque. Dribla le mie domande.
La saluto dopo un'oretta e i cappuccinoecornetto. 
Avrei dovuto fare la spesa, ma torno a casa con le tasche piene ugualmente, di più.
Gli esami non vanno, l'amore non è mai arrivato, la situazione non si sblocca, eppure questo lo capisci dall'ombra che le disegnano sul viso, gli angoli della bocca, dal velo lucido che le fa brillare le pupille per un istante, prima di sparire in una nuova domanda per te. Provo un innato senso di rispetto per chi riesce a tacere i propri dolori, per chi riesce a scenderci a patti da solo, ogni mattina davanti allo specchio assonnato, per chi ha pudore nel mostrarsi bisognoso di qualcosa, desideroso di speranza.
Ed A. è esattamente questo. Una persona che si impegna, anche quando avrebbe tutti i motivi per mollare il colpo, che sta male ma non te lo dice, non te lo fa nemmeno capire, che sente la mancanza di qualcuno ma non la colma con i piagnistei, che non si arrabbia col mondo, che piange di nascosto, ma quando esce mette l'eyeliner smeraldo per fugare i dubbi.
 A. è la mia tela bianca, silenziosa e in disparte che ti offre ogni suo angolino affinchè tu possa trovare un po' più di spazio e non vuole niente in cambio, assolutamente niente.
E siamo diversi, ognuno coi suoi bisogni e le proprie bizzarre soluzioni alla sofferenza. Ma questo mondo non va, in qualunque modo la vogliate mettere, così non va.

              
                                                                                          Isotta


giovedì 18 ottobre 2012

Denim d'Autunno

Dopo lo stallo di questi giorni, riprendo in mano l'iniziativa che avevo intrapreso e giurato di portare avanti, con un post che non aggiunge niente di nuovo, anzi, ma che mi va decisamente di pubblicare: qualche dritta sull'abbigliamento autunnale!
Parlare di cose leggere, frivole e molto girly rende la pesantezza meno soffocante.
Grande protagonista di questa estate che, cavalcando l'onda della fama ritrovata, arriva ad affacciarsi anche alla stagione invernale è la camicia di jeans.
Non so voi, io da piccola la avevo ed inutile dire che l'adoravo, poi però passata quella fase è caduta nel dimenticatoio degli stilisti, dei negozi, nel nostro, così ho dimenticato di averla indossata, dimenticato che fosse comoda e bella.
Se vedevo qualcuno in giro con una camicia di jeans le opzioni erano tre: è un patito del country; non fa shopping dal '90; irriducibile anticonformista capellone, anche nel caso in cui non ce li avesse manco i capelli!
Poi però ci pensano le sfilate, i giornali di moda, le pubblicità di stores come Zara, Mango, H&M a farti vedere come ci sta bene la camicia di jeans praticamente con, ehm vediamo, tutto!
Si, proprinata in tutte le salse, da quel tocco allammuoda e casual chic le cui vere protagoniste sono solo le modelle che anche con sacco addosso fanno la loro porca figura. Insomma, non siamo modelle, ma ci si arrangia.
Ecco allora qualche idea per portarla anche in autunno:


In poche parole, abbinatela con gonne alte in vita, con gonne strette, con pantaloni skinny neri, beige, bianchi, amarant..ops burgundy, leggins in finta pelle, insomma con cosa vi garba di più, ovviamente loro non mettono le calze o gli stivali, ma noi si. Sotto una maglietta o una canotta bianca, se fa troppo freddo per usarla sulla pelle senza niente sotto, io ho provato il total black e devo dire non mi dispiace.
Non sono riuscita a trovare molte testimonianze su internet, ma un altro abbinamento, ah no scusate altrimenti non fa figo, dicevo un altro outfit che mi piace molto è con i pantaloncini, in particolare questi simil-scozzese o come cacchio si chiamano, non lo so!

Orbene, avete già la camicia in denim? Io l'ho presa lo scorso Gennaio, ultimissimi sconti tanto che l'ho pagata 5,99 Euri, un cacchio, visto che adesso la vedo in giro a non meno di 30,00. Ma di come i miei vestiti non costano mai più di 20 euro vi parlerò in un altro post!
Ci tengo a precisare che non acquisto capi in pelle, piume o lana, ormai da un paio d'anni, è tutto o sintetico o di filo, le borse o in ecopelle o riuso quelle di mia madre, pechè io gli animali li amo tutti, senza distinzioni!
Scusate la pessima qualità delle foto, sfortunatamente non ho un tirapiedi da usare come fotografo*.
Un bacio a tutti...resistiamo che arriva il week end!

                                                                                       Isotta


*Ogni riferimento a cose e/o persone è puramente casuale ;) .

martedì 16 ottobre 2012

Fuck you...I deserve better!

I plumcake più buoni del mondo li fa la Mulino Bianco. Potrei mangiarne un pacco intero. Ed è un po' così che sto facendo. Crostatine, marmellate, biscotti, wafers, nutella, chili di nutella. Poi la sera prima di andare a letto oltre alle vitamine, la valeriana e le capsule contro la caduta dei capelli prendo i procinetici, comunemente detti antinausea.
I programmi erano diversi, come sempre. 
E' buffo, non c'è verso che i miei programmi si realizzino per come li avevo stabili, come è buffo che tutto quello che non avrei mai voluto ed immaginato per me, è successo. Così facilmente, così naturale, incontrovertibile. Spesso penso che forse sono io stessa a cercarmele, altrimenti non si spiega. Perchè è vero, è un dato di fatto che le cose non possono andare esattamente secondo i piani, però è anche strano che vadano invece esattamente come non avresti voluto. C'è un non so che di macabro in tutto questo, nella mia vita, forse nella vita di tutti, ma io sto abitando la mia, di pellaccia, e di lei mi lamento.
Raro per me, ma stavolta non riesco a esprimere quello che sento. Oh ci provo, ci provo lo stesso, ma ogni frase, ogni singola parola suona insignificante rispetto a quello che vorrei dire.
Come faccio a spiegarvi il senso di impotenza che deriva dal guardarmi allo specchio. Io non sono quella che lo specchio riflette, io quella la odio e vorrei vederla marcire ai bordi di una strada. Quel corpo piccolo e fatto male, la pelle impura, disidratata e piena di segni non fa giustizia al mio essere interiore. Fossi stata bella, sono certa, non avrei vissuto tutto questo dolore.
Oppure il misto di impotenza e rigurgito che subentra quando parlo con le persone, vicine, lontane. Dovreste credermi, oh si che dovreste! Passo giornate intere ad informarmi su tutto, parlo solo con cognizione di causa, altrimenti sto zitta e preferisco ascoltare, dico sempre la verità, anche quando sputo addosso rancore, anche quando dico che voglio bene. Ma non sembra importare a nessuno. Tutti che pensano cose, suppongono verità fatte di aria.
Impotenza quando dopo rinunce e sacrifici non torna indietro nulla. Il vuoto prima, il vuoto dopo e a me non resta niente. Niente che non sia l'ennesima delusione o il billionesimo errore.
Prima di consegnare leggevo il compito almeno tre volte. La penna rossa sui miei compiti è sempre servita giusto per il voto. 
Ma è questo che pago? L'unica cosa che mi viene da pensare è questa, altre colpe sinceramente non ne ho, e le mie parole magari posso apparirvi arroganti e pretenziose, ma posso giurare sui miei tesori di pelo, che sono l'unica cosa bella che ho, che non ho mai fatto male ad una mosca. E intendetelo pure in senso letterale, dato che non uccido nemmeno le zanzare!
Più leale di così,
più brava di così,
più gentile di così,
più sincera di così
più in regola di così,
io non avrei mai potuto essere.
Allora fanculo!

Allora adesso basta fare la brava bambina. 
Adesso voglio essere un'altra, che magari mi cambia la vita.
E non voglio mangiare sano, piuttosto iniziare a fumare.
Non voglio "no, non posso" ma solo "ecco il mio numero", "ecco il mio corpo".
Voglio ubriacarmi fino al coma etilico, voglio sparire e non farmi sentire, voglio
rubare e cancellarmi dall'università, rinunciare, fallire. Andare in giro di notte e non sapere con chi, farli preoccupare davvero, di qualcosa di concreto finalmente, voglio rovinargliela sul serio la vita, voglio che tutti quanti si vergognino di me non a parole, ma coi fatti, voglio dargli l'opportunità di avere realmente qualcosa di cui lamentarsi.
Voglio tradire i segreti, le promesse, infrangere i sogni, e fare del male, per riscattarmi solo un po' di tutto quello che hanno fatto a me. Voglio fare pena, visto che altri sentimenti non posso suscitarne. Voglio che abbiate pietà, visto che finora non ne ha avuta nessuno.
Voglio cambiare. Devo cambiare. Devono vederla la differenza tra me e chi dipingono io sia! Devono essere traditi sul serio per sapere cosa è realmente, devono sentirsi lasciati davvero per assaporarne il fiele, devono toccare con mano e affogarci dentro all'abbisso che separa Isotta, da quello che i mostri che ha intorno si riempiono la bocca, sia.
Devo dargli un motivo, devo darlo a me per trovare pace.
Troppo odio, troppo rancore, troppa rabbia.
Adesso basta.

                                                                           Isotta


giovedì 11 ottobre 2012

Raccogliere, ideare, creare..

Quando non ho niente da fare, e questo devo confessarvi capita spessissimo, girovago sul web alla ricerca di qualcosa che possa impegnarmi la mente per un po' o semplicemente che mi colpisca positivamente.
Mi ero messa in testa di arredare il microminiloft, purtroppo però il mio budget è ristretto, che dico ristretto, ristrettissimo, di conseguenza mi sono indirizzata verso l'aspetto low cost della cosa. Poi c'è da dire che in quanto animalista convinta, non può che essere vivo in me anche uno spirito spiccatamente ambientalista.
Con questo presupposto, cosa può esserci meglio del riciclo?
Riciclare è fantastico per svariati motivi:
E' economico. Siamo cresciuti con l'idea che quando un oggetto arriva al termine del suo mandato debba necessariamente essere gettato via per fare posto al nuovo, questo alimenta il consumismo ed inevitabilmente ci porta a spendere. Ma non è poi così necessario, ora vedrete!
Apre la mente. Hai smesso dai tempi dell'asilo di giocare con la plastilina e siamo d'accordo, ma perchè non giocare con il resto? Quando si crea qualcosa con le proprie mani è soddisfacente, ci si sente utili, ci si rilassa, si impegna la mente ed il dare vita a nuove soluzioni, sfogo alla fantasia, concedetemelo, è un ottimo esercizio per tenerci mentalmente vivi.
Rispettiamo l'ambiente. Dare nuova vita ad un oggetto, significa non sprecare tutta quell'energia che è stata impiegata per produrlo. Dall'estrazione dei materiali che impoverisce irrimediabilmente la terra, al processo di lavorazione che consuma tantissima energia, allo smaltimento che causa inquinamento. Riciclando investiamo in termini di tempo, lavoro e materiali è vero, ma prolunghiamo al massimo l'uso, con un guadagno netto su tutti i fronti!
Così per il primo appuntamento con le curiosità dal web, ho pensato di mostrarvi alcune "soluzioni" interessanti che utilizzano come materiale da riciclo il legno delle cassette della frutta o i pallet, i "bancali" del supermarcket che si usano per trasmortare grossi carichi di merce. Mi hanno veramente colpita e metterò sicuramente in pratica queste idee, appena ne avrò l'occasione. Pronti?? Via!


Questo tavolino è realizzato con quattro cassette di legno. Incredibile vero?. All'interno dello spazio che si crea nel centro il vaso è appoggiato su dei tappi di sughero se non sbaglio! :)
Oddio mi sento tanto Barbara Guglielmetti, ma quello che serve qui è colore! In una casa di campagna un po' Shabby Chic, colori pastello, legno e tegliere e il risultato garantito!
Il mobile è andato, e l'unica cosa rimasta in buono stato sono i pomelli e il fronte dei cassetti? Facci un'appendiabiti! Una mano di colore, scotch di cara decorato per rifinire i bordi. Fatto!
E invece col cassettone trovato nel garage della nonna che ci facciamo? Un espositore di collane! Bastano dei tappi di sughero per reggere il leggerissimo peso delle pietre e scatoline per rifinire il tutto!
E per arredare il giardino? Dua pallet uno sull'altro, una passata di vernice color noce, le sedie portatele da dentro e per l'aperitivo basta invitare le amiche!
Ok, questi non sono nemmeno verniciati ma il risultato direi che è meraviglioso. Due coppie di pallet, un matereasso rivestito da stoffa coloratissima, cuscini altrettanto e lo spazio sotto la finestra si trasorma in un divano, letto!
Questo esempio l'ho lasciato per ultimo perchè mi sono innamorata. Un vero e proprio set da giardino, che sembra di design, grazie a questo grigio chiarissimo. Pallet, pallet e ancora pallet, usati per il tavolino, le poltrone, il divanetto. Anche qui quadratoni di spugna rivestiti, e quattro cuscinoni per creare un insieme davvero niente male!


Spero tutto ciò vi interessi, quanto interessa me. Non vedo l'ora di avere una casa e la voglia per costruire qualcuna di queste meraviglie.

Un bacio a tutti, arriva il week end!!

                                                                                   Isotta

lunedì 8 ottobre 2012

Ricette Veg! #1

Oggi vi propongo una ricettina che ho testato da poco.
Un'amica, tempo fa, mi aveva regalato del rosmarino biologico dal suo giardino, raccomandandosi di farlo seccare, così da poterlo conservare e usare poi per tutto l'inverno. Io l'ho preso volentieri ma una volta tornata a casa ho pensato "e adesso cavolo ci faccio io con tutto 'sto rosmarino?!"
"Non mangio il pollo, non mangio il filett...aspetta ma io mangio il seitan, che in quanto  sostituto della carne a tutti gli effetti, ci starà bene con il rosmarino!"
Ed ecco che mi sono informata sul procedimento più corretto ed ho prodotto questo:


Spero che vi ispiri al punto tale da provarlo, perchè anche se siete onnivori, non vorrete mica perdervi un salutare ed ottimo piatto, vero?

Ingredienti per una persona:
1 Fetta di Seitan naturale e biologico (lo trovate in erboristeria a negozio di alimentazione naturale)
un cucchiaio di condimento per carni in polvere
un pizzico di pepe nero
farina
sale
un rametto di rosmarino

Procedimento:


Tagliare la fettina di seitan a mo' di filetto


Insaporire con il condimento per carni, un pizzico di pepe nero e successivamente infarinare per bene. Non dovrebbero esserci problemi in quanto il seitan è umido esattamente come la carne, quindi non dovete preoccuparvi che la farina si attacchi.


Scaldare in padella un filo d'olio evo a fiamma media. Adagiare i "filetti" in padella, aggiungere una manciata di rosmarino e cuocere per 3-4 minuti fino a dorare il seitan da entrame le parti.


Una volta dorati, aggiungere un filo d'acqua (o vino bianco per chi lo preferisce) e continuare la cottura per 4-5 minuti, fino a completa evaporazione.


Impiattare, aggiungere un pizzico di sale e buon appetito!

Fatemi sapere se li aveti provati e cose ne pensate, realmente!! ;)

                                                                                             Isotta



sabato 6 ottobre 2012

New Life, new Blog!

Procrastinare è l'imperativo dei pigri. Perchè mai fare oggi quello che si può tranquillamente far domani, o dopodomani. Tra una settimana. E lo so che i piatti ancora sulla tavola apparecchiata mi guardano interrogativi da due giorni "oh ma quando ti decidi a lavarci e rilegarci al nostro posto?"
Ragazzi suvvia, sono sul divano, che è morbido e comodo, la tivù ha sempre qualcosa da dire, pare brutto se di punto in bianco li mollo per dar retta a voi, brutti piatti sporchi che volete farmi faticare!
Insomma se ci fosse un concorso per pigri sarebbe l'unico per il quale non avrei dubbi sulla mia vittoria, al primo posto.
Io sono pigra, ma talmente pigra, che anche se mi scappa da morire la pipì alle 11.00 del mattino, aspetto alle undici di sera, per farla una sola volta, insomma.
Inutile dire che tutto ciò mi ha sempre creato svariati problemi, non il trattenere la pipì, quello al massimo mi causa problemi a reni e vescica; la pigrizia mi ha tolto tanto.
Ad esempio quando non si entrava a scuola, da noi si dice "giocarsela", io mi mettevo d'accordo con i compagni il giorno prima:
"Allora ragazzi, domani non si entra, siamo sicuri??"
"Si si ce ne andiamo a Reggio a far baldoria, dai Isotta sveglia solito orario, ci troviamo alla fermata e poi partiamo!"
"Non ci siamo capiti, voi siete fuori se pensate che per un giorno che posso ubriacarmi di sonno, io mi alzo per venire a Reggio! Non se ne parla proprio, io rimarrò a casa nel mio lettuccio a dormire."
Inutile dirvi che mi guardavano con un misto tra disgusto e compassione negli occhi.
Trasformate la scenetta per qualsiasi altra occasione ed avrete risolto il nocciolo della mia vita da eremita. 
Ad esempio una cosa che mi faceva paura dell'università era il fatto che il far nulla potesse prendere totalmente il sopravvento e che io finissi a dover mollare per incapacità di impormi su me stessa, che non fossi stata in grado di svegliarmi per seguire le lezioni o costringermi a studiare in vista degli esami. Invece ne ho fatti quarantotto, me ne mancano quattro e tutto sembra andato per il verso giusto. 
Avevo sottovalutato il grande senso del dovere che mia madre mi ha iniettato nel cervello fin da piccolissima. A casa mia la parola d'ordine è prima il dovere poi il piacere, e se per il piacere non resta tempo chissene. Sticazzi.
Quindi l'unico modo per sconfiggere l'apatia è impormi un dovere, un obiettivo da portare a termine, una scadenza da rispettare, un impegno con gli altri.
Da questa serissima deduzione è venuta fuori un'idea per rendere la pubblicazione dei post sul blog, se non a scadenza fissa, almeno sostanziosa.
Mi sto prendendo l'impegno, nei vostri confronti e nei miei, di pubblicare ogni mese:
- 3 ricette veg
 - 3 causa animalista
- 3 make up/ hairstyle
- 3 post sull'abbigliamento
- 3 sulle novità che troverò in giro per il web
- varie ed eventuali
Ci tengo a precisare che non sono ne una fashion blogger, ne una chef, ne una make up artist, ne una talent scout; tuttavia sono l'insieme di tutto questo. Desidero che il blog parli di me in una luce diversa rispetto a quello che è stato fin ora.
Voglio lasciare più palcoscenico alle cose belle, alcune anche frivole, ma la vita è fatta anche di questo. 
Ho realizzato che continuare a focalizzarmi sugli aspetti negativi mi getta in una spirale lamentosa e lacrimevole dalla quale è difficile uscire, e questo si riflette inevitabilmente sul blog, che chiede aiuto, ma non ha niente da offrire.
Voglio che mi leggiate con piacere, con il sorriso e magari anche con interesse, senza dovervi sentire dopo ogni post, angosciati dalla mia condizione. Voglio essere fresca e solare, mostrarvi i miei mille interessi, le mie passioni, quello in cui credo e per cui mi batto. Ci saranno i momenti no e di conseguenza i post vecchio stampo, ma spero almeno che saranno intervallati da spiragli di luce.
Che ne dite, posso farcela?
Voglio rinascere e sono certa mi aiuterete.

                                                                                 Isotta

giovedì 4 ottobre 2012

Le parole della mia vita.


Delusione.
"Sei una delusione Isotta!". Le unghie affondavano nella carne morbida del palmo serrato. Ho sempre pensato come può una bambina essere una delusione, se è l'essere bambina stesso, le mille possibilità del futuro divenire. E' un' ingiustizia, il mento avrebbe voluto accartorciarsi in una smorfia di pianto, ma i muscoletti imponevano l'indifferenza.

Viziata.
"Tutte queste scene, sei solo una viziata. E' questa la verità, sei solo una bambina viziata". Nessuno si accorge che sono una donna. O forse dovrei, esserlo, se solo qualcuno si fosse degnato di darmi lo spazio per dimostrarlo. Che forse forse i miei non sono capricci, ma il disperato, tacito grido d'aiuto.
Comodità. Io classifico così.

Inetta.
"Non sei capace di far nulla! A che ti serve essere brava a scuola se sei un'incapace nella vita." E sinceramente lo penso anche io. Ma ciò non toglie che a furia di vederti cucire addosso un'etichetta, finisci per assorbirne l'essenza. Tanto da rispondere a qualunque proposta "No, grazie. Io so solo studiare" e crederlo realmente.

Opportunista.
"Usi la gente, ma non te ne accorgi? Badi solo al tuo tornaconto."
E aver passato una vita sforzandosi di essere il più invisibile possibile, il più in punta di piedi possibile, il meno intralcio possibile.
"Isotta vuoi qualcosa?"  "No, no grazie." Sempre. E segretamente desiderarlo tanto.
Scusa, scusami, mi scusi, non vorrei disturbare, mi spiace per il fastidio. Ho sempre ringraziato, poi.

Cattiveria.
"Sei pessima, cattiva! Sei un mostro!"
Giustificato, se qualcuno porta testimonianza di una parola cattiva alle spalle di un'amica, di un gesto irrispettoso nei confronti di un estraneo, di risate taglienti per le disgrazie di qualcuno, di ferite di fuoco nel cuore di chi ho vicino, di preoccupazioni inflitte ai genitori o a chiunque altro.
Ciò che non riusciamo a comprendere, spesso lo spacciamo per magia nera.

Ce ne sono altre, magari peggiori, ma non è questo il punto. La questione vera è la seguente: se le persone che mi hanno messa al mondo, quelle che mi hanno vista crescere, quello che dice di amarmi, quelli che io credo amici, pensano questo, ma alla fine non sarà la verità?
E se è la verità come posso non accorgermene?
Se non lo è, come possono non accorgersene loro?
Mi sono sempre sentita sola ed incompresa, ed è una cosa alla quale non riesco a fare l'abitudine o a porvi rimedio, purtroppo, ma con che coraggio mi tengo accanto persone che pensano questo di me? 
Come posso provare sentimenti positivi per chi non riesce a capire che avrei solo bisogno di essere amata senza riserve? 
E se a me viene naturale volergli bene, nonostante tutto, perchè loro non me ne vogliono altrettanto; perchè non vedono chi sono; perchè non mi perdonano una volta per tutte e invece continuano a mortificarmi?
Perchè non mi è dato trovare una persona che mi ami davvero, totalmente, che mi apprezzi e mi stimi; non lo merito? Ma che ho fatto di così male?
Sul serio, cosa ho o non ho fatto?

Sono sola, probabilmente è così che deve andare.
Ah ecco un'altra parola: rassegnazione.

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Grazie per i commenti che mi avete lasciato sotto l'ultimo post, nonostante non mi sia fatta viva per tantissimo tempo. Grazie per essere riusciti a farmi credere che questo non sia proprio il postaccio che penso io, al punto da volerci riprovare.
A tutte voi, grazie sincero!

                                                                                Isotta

domenica 12 agosto 2012

Un estate di merda.

Forse condannati lo siamo un po' tutti. Nessuno di noi ha chiesto di venire al mondo, siamo il capriccio o l'appagamento di un bisogno ancestrale, quello della vita, di perpetuarsi in modo continuo e nonostante tutto. Mamma e papà sono i nostri stessi carnefici. In effetti poi cambia tutto in base a come la vivi. Se sei un tipo che la prende con filosofia hai qualche chance in più di riuscita, ma se sei come me, ah se sei come me ti do un consiglio, fermati il prima possibile. Ed è anche un pochino questione di fortuna, e non facciamo i bacchettoni che "volere è potere" perchè sono stronzate, non importa quanto desideri qualcosa e non importa nemmeno quanto tu ti possa impegnare per far si che accada, se è così che deve andare, così andrà. 
Da bambina giocavo spesso da sola, chiusa nel mio mondo fantastico. Ero la principessa guerriera di un popolo strano, che non aveva una Terra, ma aveva costruito una specie di zattera gigante, e c'era tutto ma proprio tutto, il castello e la foresta, la piazza e il borgo, i perimetri erano la costa e viaggiavamo trasportati dalla corrente, solo quando la marea era abbastanza alta da farci navigare, senza meta.
Mi succedevano un sacco di cose bellissime, avevo amici fidati con cui galoppare per le colline, amiche con cui organizzare feste strepitose, valorosi guerrieri al mio fianco in battaglia, pronti a guardarmi le spalle, un cavaliere bello e coraggioso di cui schivare la corte. E poi c'erano i falò in spiaggia o le gite in barca, le escursioni alle cascate e i picnic sull'erba tagliata di fresco, ed erano sempre tutti allegri ed io ero felice ed io ero solo una bambina. E chi mi ha messo tutte queste idee per la testa io non lo so dire, ma la vita me la immaginavo così, con gli amici e le risate che risuanono in alto e confondono la musica.
"E' ora di dormire Isotta, adesso basta" e le mie mani paffutelle e chiare gironzolavano nella penombra della stanza preparata per la notte.
"Io non voglio dormire, Mamma. Se dormo mi perdo qualcosa, se io sto con gli occhi chiusi non vedo cosa succede di bello"
Magari le sarà scappato da ridere "Oh per l'amor del cielo, Isotta! Hai tutta la vita per tenere gli occhi aperti e vivere un sacco di belle cose, adesso è ora di dormire.."
Ora come ora è ora di dormire, sul serio. Quando dormi il dolore si assopisce ed anche se è steso al tuo fianco, come l'ombra che produrrebbe una luce puntata alle spalle, nonostante questo, si riposa anche lui e così racimoli qualche ora di pace, di pausa, la noia allenta la presa e la disperazione si fa leggermente meno presente.
E allora dormo! Quindici ore al giorno per l'esattezza, come i gatti!
Bisogna essere fortunati dicevo, si perchè io sono una tipa piuttosto noiosa a dire il vero, sono abitudinaria e pantofolaia di indole, ma poi uscire a far baldoria mi piace, sopratutto in estate. Oh ma mai nella vita che abbia trovato delle amiche che la pensano come me! Sono tutte delle suorine rompicojoni che tornano a casa a mezzanotte, come Cenerentola e non varcano i confini di Paesello! Ma mica fanno nulla per ribellarsi e spiegare ai genitori che a 23anni dovrebbero proprio farsi una vagonata di fattacci loro, eh no, son suorine e subiscono senza alzare la testa, la voce, senza tirare fuori le palle!
Sono contornata da inetti. E gli unici con cui posso uscire sono i ragazzi, ma per quanto mi piaccia stare in loro compagnia dopo un po' è scocciante, a loro poco interessa commentare i vestiti delle altre o fare gli occhi dolci a qualcuno solo per il gusto di vedere se ci casca, anzi mi rompono anche le scatole se qualcuno si avvicina a parlarmi, e quindi anche tutto l'uscire del mondo diventa inutile e noioso.
Avevo in mente un sacco di pazzie da fare ed avventure da vivere, a 14 anni credevo che quando avremmo finalmente preso la patente sarebbe arrivato il momento di mettere tutto in atto. Invece non è stato così, non erano così loro, e da sola a cosa sarebbe valso fare la ribelle scapestrata?
Questione di fortuna, nascere in un luogo del mondo poiuttosto che un altro, in una famiglia piuttosto che un' altra, avere un conto in banca o piuttosto non avercelo, incontrare gente figa e spericolata o sfigati del cazzo e farteli amici comunque, che è l'unica cosa che c'è in giro. Trovarsi nel gruppo giusto, piuttosto che in quello sbagliato. 
Fortuna, scelte, non lo so.
A me è andata una merda. Ed è inutile che io provi a spronare tutti, è inutile che mi impegni a cambiare le cose, perchè la gente non si può cambiare. Non posso cambiare il paesino piccolo e tranquillo ma bigotto e antiquato, non posso cambiare la mentalità della gente che ci è cresciuta, non posso scombinare il fisso presentarsi degli eventi.
Da chi sei non scappi, per quanto tu voglia o ti possa impegnare a farlo.
Se sfigato sei nato, sfigato muori. Ed io modestamente lo nacqui!

Spero che le vostre vacanze stiano andando molto meglio delle mie. Aspetti un anno intero e poi quello che peschi è la solita delusione...bah!
Sto seriamente pensando di chiudere questo postaccio lamentoso che è diventato il blog, forse lo è sempre stato, ma sinceramente me ne accorgo solo adesso.
E' che almeno prima quando ero triste scrivevo, ora non voglio nemmeno far quello!
Alla prossima, se ci sarà.

                                                                         Isotta

P.S. non scandalizzatevi se ci sono errori di battitura e quant'altro, non ho nemmeno riletto quello che ho digitato.